Economia

Milano, quartiere Stadera.L’inquilino dice noi

La cooperativa sociale Abcittà viene chiamata a svolgere il compito di integrazione.Il piccolo miracolo riesce.Le Quattro Corti dimostrano l'utilità della partecipazione

di Sara De Carli

Stad-era, Stad-è. Gioca con i verbi il titolo della festa che ha animato le vie del quartiere Stadera, a Milano. Siamo nella zona sud di Milano, tra via Barrili e via Palmieri: la residenza si chiama Quattro Corti. Sono 182 appartamenti in tutto, primo risultato di un progetto di riqualificazione del quartiere iniziato vent?anni fa. Era il 1985 e già allora lo Stadera, sorto come quartiere di case popolari alla fine degli anni 20, aveva bisogno di un intervento di riqualificazione urbana e di risanamento sociale. Pian piano infatti i vecchi palazzi abbandonati erano diventati l?approdo dei senzatetto di Milano, soprattutto degli immigrati: pance buie, dimenticate dalle amministrazioni, in cui era facile nascondersi. Con il vantaggio di una facciata signorile e cittadina, non da periferia. Abitare, e poi… Promesse e illusioni a non finire, 22milioni di euro spesi senza arrivare mai a un dunque, non è facile essere ottimisti allo Stadera. Eppure questa volta qualcuno c?è riuscito. Il clima di festa c?è: nessun entusiasmo baldanzoso e sprovveduto, piuttosto una fiducia nuova, radicata nella consapevolezza delle proprie potenzialità e non nelle promesse di chi conta. Era questo l?obiettivo del progetto Abitare c/o, a cui ha lavorato ABCittà, una cooperativa sociale esperta in progettazione partecipata. Perché ristrutturare gli edifici non basta: la riqualificazione di un territorio passa anzitutto dagli interventi sul tessuto sociale e sulle dinamiche tra le persone. «Abitare c/o è un progetto pilota che ha affiancato la ristrutturazione degli immobili con una serie di iniziative per agevolare l?inserimento sociale dei nuovi abitanti», spiega Marco Pietripaoli, vicepresidente di ABCittà. «Un inserimento niente affatto scontato: l?arrivo di 182 nuove famiglie in una realtà di per sé problematica come quella dello Stadera poteva essere destabilizzante. Il 60% dei nuovi inquilini è immigrato. In più era fondamentale costruire relazioni positive tra gli abitanti delle nuove case e il resto del quartiere: l?invidia avrebbe potuto trasformarsi in una miccia esplosiva». Stando ai dati raccolti dal Comitato di quartiere, allo Stadera il 30% degli alloggi ha una dimensione inferiore ai minimi abitabili, ci sono 650 unità abitative sfitte e 240 famiglie occupanti, con un tasso di abusivismo che in alcuni stabili si aggira attorno al 45%. Gli inquilini delle Quattro Corti sono fortunati, e lo sanno. Due dei quattro palazzi coinvolti nel progetto di riqualificazione sono stati concessi in comodato gratuito a due cooperative, Dar Casa e La Famiglia. A settembre, 96 famiglie sono entrate nei nuovi appartamenti con un canone di affitto concordato: per un appartamento di 70 mq bastano 300 euro al mese più le spese di condominio. «L?obiettivo principale è stato quello di costruire buone pratiche di convivenza tra persone con esigenze e abitudini molto diverse», spiega Antonella Fumagalli, che per ABCittà ha gestito gli incontri di conoscenza tra gli inquilini, mesi prima che questi entrassero nelle nuove case. «Le aspettative e i valori che un italiano lega alla casa sono diversi da quelli di un latinoamericano». I diversi valori sono finiti su dei cartelloni appesi negli spazi comuni, insieme alle foto con cui le nuove famiglie si presentano ai vicini di casa. Un modo per conoscersi, ma soprattutto il punto di partenza per elaborare insieme il patto di convivenza. «Un regolamento condominiale minimo è stato firmato all?atto del contratto», prosegue la Fumagalli, «ma più tardi tutte le famiglie si sono incontrate insieme ai rappresentanti delle cooperative per modificarlo». Avanti gli altri È il secondo obiettivo del progetto Abitare c/o: offrire un?esperienza positiva di vivere civile che possa fungere da modello per il resto del quartiere. Per questo il percorso di partecipazione rivolto agli inquilini si è incrociato spesso con quello rivolto al quartiere, che ha raccolto intorno a un tavolo tutti i soggetti presenti sul territorio. Paola Meardi, la responsabile del progetto, spiega: «Abbiamo lavorato per attivare tutte le risorse presenti sul territorio, sia quelle già esplicitate sia quelle potenziali, valorizzare la storia del quartiere, facilitare il riconoscimento dell?identità locale, suggerire nuove dinamiche tra chi gestisce il territorio e chi lo abita». Su questo punto insistono in molti: mentre qualche anno fa i responsabili dell?Aler giravano per il quartiere in incognito, oggi prendono l?aperitivo insieme agli inquilini. «Qui allo Stadera c?è un gran bisogno di ricostruire una cultura della legalità», osserva Gabriele Guidi, giovanissimo pastore della Chiesa evangelica. «Il primo passo è quello di capovolgere la visione dell?autorità o dell?istituzione come di chi chiede e sanziona: ABCittà in questo è stata grande. Invece di chiamare la gente in un ufficio è andata a casa loro». Vocabolario Progettazione partecipata: nasce negli anni 70 in Brasile. Consiste in una serie di tecniche e attività per coinvolgere nella progettazione di una qualsiasi trasformazione locale tutti i soggetti che abitano o vivono il territorio. Si va dalla raccolta delle percezioni all?espressione dei desideri, per realizzare un progetto sostenibile da tutti i punti di vista. Risorse locali: è la regola numero uno: valorizzare le risorse del territorio. Che siano già espresse o solo potenziali, vanno sviluppate e soprattutto messe in rete, per creare o recuperare un?identità comune. Autonomia e responsabilità: nella gestione dell?immobile, nelle relazioni con i proprietari e con i servizi del territorio. La partecipazione, col tempo, deve trovare forme che siano espressione sempre più originale del territorio e tradursi in ricadute anche non previste. Mediazione: tra le esigenze dei diversi soggetti presenti sul territorio, ma in particolare tra chi governa il territorio e chi lo abita. La cultura della legalità parte da una relazione diversa tra cittadini e autorità. Progettare la convivenza: le relazioni positive tra chi abita il medesimo ambiente non nascono da sole, vanno costruite. Partendo dalle storie di vita si può arrivare a individuare dei valori condivisi: il regolamento di condominio così non sarà un?imposizione o una restrizione, ma un patto di convivenza. Profili- La squadra che ha rifatto l?abitare Trent?anni in media. Preparazione in mediazione e in progettazione partecipata.Ecco chi c?è dietro il progetto Stadera. Paola Meardi, 34 anni, architetto. La progettazione partecipata l?ha imparata in Brasile. Là è un metodo diffusissimo, che nasce dal basso: spesso questione di sopravvivenza. Paola si è specializzata a Venezia in pianificazione urbana nei Paesi in via di sviluppo, e ha lavorato per diverse ong in Kenya, in Brasile e nei Balcani. In Italia si dedica alle periferie e alla progettazione di spazi urbani capaci di favorire l?integrazione degli immigrati: un modo per non perdere il suo ideale di visione sociale dell?urbanistica. È la coordinatrice generale del progetto Abitare c/o: il lavoro di équipe ha richiesto una pianificazione generale degli incontri e un?armonizzazione dei diversi punti di vista legati all?impiego di professionalità diverse. Si è occupata in particolare della gestione del tavolo istituzionale con il Comune, l?Aler e le due cooperative abitative e del tavolo territoriale di confronto tra le diverse realtà presenti a Stadera. Alessandra Solci, 34 anni, architetto. È un?esperta della progettazione partecipata, soprattutto negli ambiti in cui sono protagonisti i bambini e i ragazzi: i laboratori nelle scuole e i consigli comunali dei ragazzi. Anche nelle scuole dello Stadera ha ideato e condotto dei laboratori di progettazione partecipata, volti a raccogliere prospettive e percezioni dei più piccoli sull?ambiente in cui vivono. I ragazzi hanno realizzato una mappa con i luoghi-chiave del quartiere, e organizzato una caccia al tesoro per far scoprire lo Stadera ai nuovi compagni di classe e vicini di casa. Cristian Zanelli, 30 anni, architetto. Si è laureato al Politecnico di Milano con una tesi su Progettazione partecipata e riqualificazione urbana e subito dopo la laurea ha iniziato a lavorato in ABCittà come facilitatore e formatore nei percorsi di progettazione partecipata. Allo Stadera è una figura fortemente sul campo: ha partecipato al tavolo territoriale ed è la persona che conosce meglio la realtà del quartiere. Ha coordinato e gestito le assemblee dei condomini, sollecitato il protagonismo e mediato gli attriti nati dalle diverse concezioni di ?casa? e da priorità valoriali diverse, e ha accompagnato gli inquilini nella stesura del ?patto di convivenza?. Adriana Fumagalli, 29 anni, pedagogista. È laureata in Scienze dell?educazione e ha un master in Mediazione famigliare. Per gli inquilini delle Quattro Corti il suo volto sorridente è stato il primo impatto con il nuovo quartiere. Ha seguito il percorso specifico rivolto agli inquilini, cominciato molto prima dell?ingresso nella nuova casa, e ha incontrato più volte ogni nucleo famigliare. Insieme hanno messo a fuoco la storia di ogni famiglia, i valori legati all?idea di ?casa?e le aspettative legate al trasloco: passi fondamentali per costruire la convivenza tra gli stessi inquilini. Il materiale raccolto è stato il punto di partenza per i workshop condominiali che hanno elaborato i due regolamenti di condominio. Il prossimo passo sarà l?elaborazione del regolamento comune delle Quattro Corti.


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